Business Coach dell'anno 2021, 2022 e 2023 secondo la rivista CEO TODAY. Leggi l'articolo

Un colpettino sulla spalla!


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Capiterà anche a te di iniziare delle cose con grande trasporto, come se ne andasse della tua stessa vita. Alle volte di fronte ad alcune attività ci sentiamo attratti fortemente e finisce che pensi “questa è la mia strada”, così ti dedichi anima e cuore spendendo tempo, denaro, energie mentali e fisiche in quella attività.
Tutto sembra subito andare nel verso giusto, all’inizio magari ci sono delle piccole difficoltà, ma poi subito tutto si aggiusta, come se, dopo qualche incertezza l’universo ti stesse confermando che quella è proprio la strada giusta.

Così passa qualche tempo che ti stai dedicando alla grande, impari tantissime cose, l’attività o lavoro specifico ti da delle soddisfazioni e poi qualcosa si rompe e tu pensi: “ecco ci risiamo!”

Si, ci risiamo!

Perché non è la prima volta che le cose ad un certo momento iniziano ad andar male, non è la prima volta che fai esperienza di questa delusione. Così l’entusiasmo lascia spazio all’apatia, la fiducia alla delusione e tu inizi a pensare che è tutto sbagliato.

Di fronte a queste difficoltà ti senti frustrato e pensi di mollare, ma decidi di persistere e continuare a provare, fino a quando non ti si presenta una nuova opportunità, attività, lavoro dal quale ti senti attratto fortemente e decidi di cambiare strada.

Anche qui le cose andranno bene per un po’, fino a quando ostacoli di ogni genere o la visione di una strada più aderente alle tue aspettative di quel del momento non ti porterà da qualche altra parte.

Non è sempre così, la mia è una generalizzazione, ma alle volte cambi strada perché ne trovi una migliore, ti si apre avanti agli occhi semplicemente una  nuova opportunità o semplicemente raggiungi un obiettivo e ne cerchi un altro in una direzione diversa.

Così l’uomo evolve nel tentativo di raggiungere successivi obiettivi che, alle volte nella sua storia, non hanno alcuna connessione l’uno con l’altra, o così sembra.

Penso alla mia storia fino a qui e vedo vari momenti, la scelta della scuola media da parte di mia madre, le arti marziali, il liceo, le prime fidanzatine, i bonsai, l’apprendimento della musica (suono… suonavo la chitarra), le prime delusioni d’amore, la scelta dell’università, i primi lavori, i primi soldi guadagnati, le storie importanti, i problemi in famiglia, il primo vero lavoro, l’incontro con mia moglie, la carriera, la formazione, le difficoltà sul lavoro, la famiglia, i problemi economici… tutti eventi che, nel momento in cui li vivevo, non sembravano avere alcun tipo di connessione l’uno all’altro, eppure oggi…

Steve Jobs, nel suo famoso discorso alla conclusione dell’anno accademico presso la Harvard University, parlò di questo stesso principio, raccontando come secondo lui l’essere umano non abbia la capacità di comprendere il perché delle cose nel momento in cui le vive, ma può, una volta raggiunta una certa maturità “voltarsi in dietro ad osservare ed unire i puntini del suo percorso, capendone il significato.”

È molto interessante il commento che lui fa sulla sua partecipazione alla scuola di calligrafia e come questo corso abbia consentito la realizzazione del personal computer così come oggi lo conosciamo. “Se non avessi lasciato il college, non avrei mai potuto seguire il corso di calligrafia e i personal computer potrebbero non avere quelle stupende capacità di tipografia che invece hanno.”

Sembra che lo schema con il quale l’uomo evolve non sia, quindi, lineare, ma segua invece un percorso a step successivi non in linea l’uno all’altro, ma (secondo lo scienziato americano Buckminster Fuller) sia invece costituito da una continua corsa verso obiettivi specifici, seguiti da altri obiettivi che hanno una direzione perpendicolare rispetto a quella dell’obiettivo precedente.

Questo è il motivo per cui l’uomo spesso usa, parlando del proprio percorso sulla terra, il verbo “errare”; perché l’apparente mancanza di una direzione specifica nella vita porta a percepire il proprio come un viaggio senza una meta specifica, ma altresì come un susseguirsi di tentativi e la conseguente sensazione di un pellegrinaggio senza senso.

Fuller, spiega anche che molto spesso il cambio di direzione è determinato da un evento traumatico, non sempre, ma molto spesso, che egli definisce “colpettino sulla spalla”.

Tale “colpettino sulla spalla” rappresenta il segnale dell’universo che quella strada, quella direzione, ha terminato il suo scopo nella tua vita. Che tale “colpettino” sia un evento traumatico dipende dal fatto che come esseri umani siamo maggiormente spinti al cambiamento dal dolore che non dall’attrazione del piacere, ripeto che generalmente è così, non sempre, ma generalmente si!

La cosa interessante è che se la persona in questione si ostina a mantenere il suo stato attuale, l’universo invierà “colpettini sulle spalle” di intensità crescente fin quando non cambierà direzione (quindi occhio a tali segnali!). Insomma l’universo, o chi per esso, è abbastanza ostinato nello scopo di farci capire dove ci conviene andare.

Facciamo un attimo di ordine.

  1. Ognuno di noi si muove verso un obiettivo. Questo è il primo punto, non sto a fare considerazioni sull’immobilismo, che porta inevitabilmente alla morte e al degrado (Prima legge della termodinamica, ne parlerò in un prossimo post!).
  2. Spesso ci troviamo di fronte ad ostacoli o semplicemente cambiamo direzione per degli eventi che ci condizionano (“colpettino sulla spalla”).
  3. Muovendoci verso un nuovo obiettivo, ottenuto o non, cambieremo ulteriormente direzione a causa di altri colpetti sulla spalla.
  4. Il processo va avanti per tutta la vita. Più andiamo avanti più esperienza facciamo maggiore è il nostro avvicinamento allo scopo della nostra vita.
  5. La direzione delle nostra vita, e la scoperta del nostro scopo su questa terra, sarà la risultante di un percorso a tappe perpendicolari che definisce un direzione verso la quale ci muoviamo.
  6. Tale considerazione è possibile farla soltanto dopo una serie di esperienze. Ad un certo punto della tua vita puoi voltarti in dietro, unire i puntini e capire che direzione ha il tuo percorso di vita.

Probabilmente a questo punto stai pensando alle tue esperienze e a come queste ti abbiamo condizionato ad essere quello che sei oggi. Se non lo hai ancora fatto ti consiglio allora di dedicarci del tempo, scoprirai che alcuni momenti dolorosi sono stati fondamentali per la tua evoluzione e che senza di essi non saresti dove sei oggi o laddove ti stai dirigendo.

Una mia cara amica (Ana Maria Ghinet) mi dice sempre:

“Ogni cosa è la miglior cosa, tutto è perfetto! Tutto sta andando nella giusta direzione!”

Oddio non posso fare a meno di pensare al suo sguardo dolce e sereno quando afferma questa frase e non posso nascondere che fino a qualche tempo fa questa frase mi facesse davvero incazzare.

Eppure la mia esperienza mi aveva già insegnato questo concetto. Tanto che oggi, guardando ai momenti più difficili della mia vita, provo un senso di gratitudine e di serenità. Tutto ciò mi consente oggi di guardare con occhi diversi tutte le mie esperienze.

John De Martini, trainer ed autore internazionale, afferma una cosa simile e dice che nell’universo c’è soltanto Amore, perché ogni avvenimento ha in esso insito un beneficio, un servizio per la nostra crescita.

Anni fa ho partecipato ad un seminario tenuto da lui durante il quale ci aiutava a comprendere il significato ed il contributo che alcuni eventi traumatici hanno avuto nella nostra vita, ci faceva unire i puntini. Devo dire che quel seminario ha, più di tutti gli altri, determinato un grande cambiamento nella mia vita.

Quindi il mio messaggio di oggi è quello di guardarti indietro, rispetto ad una esperienza specifica che ancora ti addolora,  chiedendoti: “In che modo questa esperienza ha rappresentato un contributo essenziale nella mia vita?”

La domanda non “se ha rappresentato un contributo o un servizio”, ma “come”, cerca la risposta, just do it!

Una volta individuata la risposta o le risposte inizierai a provare gratitudine nei confronti di quell’esperienza e, pian piano, ad unire i puntini.

Occhio ai “colpettini sulla spalla”!

Ti abbraccio,

Antonio

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